domenica 27 novembre 2011

Rivoluzione delle infrastrutture dei trasporti


Sono in buona compagnia quando affermo che il problema (per chi lo intende tale) è stato nella velocità di trasformazione del paesaggio dovuto alle infrastrutture dei nuovi trasporti.

“[…] la «tolleranza» della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere (dei consumi), è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema di informazioni. Le strade, la motorizzazione etc. hanno ormai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale” (P.P. Pasolini (2006), Scritti corsari, Garzanti, Milano, p. 23). 

Orvieto
Quello che precedentemente era un sistema binario altamente armonico, formato da un centro urbano (per esempio prendiamo Orvieto, dove ancor oggi possiamo osservare, più o meno, tale sistema, vedi la figura) e la sua campagna produttiva e contadina (ben distinta dal centro storico), con l’avvento delle strade e delle automobili è diventato oggetto di una nuova urbanizzazione. Il sistema si è spezzato ed è incominciata una nuova elaborazione dello spazio. Il dilagare fuori dei centri urbani della stessa urbanizzazione infatti è dovuto alla comodità che l'automobile e il suo paradigma comporta. Prima vivevano fuori città solo coloro che producevano i beni di sussistenza (contadini) o solo coloro che potevano permettersi un’organizzazione complessa e dispendiosa della vita quotidiana (quindi nobili e aristocratici nelle ville). Con l’arrivo dell'automobile chiunque ha potuto raggiungere i centri per il mantenimento della vita quotidiana (fare la spesa etc) e la campagna è diventata una vera e propria città spalmata. La "democratizzazione" dello spazio ha fatto poi il resto. La “massa” infatti, si è impadronita lentamente del territorio e ognuno ha costruito la sua villa o la sua attività. Il territorio che ne è uscito fuori è una distesa di cemento senza soluzione di continuità e lì dove le cose non sono andate poi così male si è avuta comunque una sbavatura troppo rapida e informe dei naturali confini tra città e paesaggio circostante. Un dilagare senza regola che ha fatto molto comodo al consumo e che in quel periodo (fondamentalmente negli anni '50, '60, '70), complice la ricchezza che apportava, deve essere stato addirittura entusiasmante per chi lo metteva in pratica.