Sono in buona compagnia quando affermo che il problema (per
chi lo intende tale) è stato nella velocità di trasformazione del paesaggio
dovuto alle infrastrutture dei nuovi trasporti.
“[…] la «tolleranza» della
ideologia edonistica voluta dal nuovo potere (dei consumi), è la peggiore delle
repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione?
Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione
delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema di informazioni. Le strade,
la motorizzazione etc. hanno ormai strettamente unito la periferia al Centro,
abolendo ogni distanza materiale” (P.P. Pasolini (2006), Scritti corsari, Garzanti, Milano, p. 23).
Orvieto |
Quello che
precedentemente era un sistema binario altamente armonico, formato da un centro urbano (per esempio prendiamo Orvieto, dove ancor oggi possiamo osservare, più o meno, tale sistema, vedi la figura) e la sua campagna produttiva e contadina (ben distinta dal centro storico), con l’avvento delle
strade e delle automobili è diventato oggetto di una nuova urbanizzazione. Il sistema si è spezzato ed è incominciata una nuova elaborazione dello spazio. Il dilagare fuori
dei centri urbani della stessa urbanizzazione infatti è dovuto alla comodità
che l'automobile e il suo paradigma comporta. Prima vivevano fuori
città solo coloro che producevano i beni di sussistenza (contadini) o solo coloro che potevano permettersi un’organizzazione complessa e
dispendiosa della vita quotidiana (quindi nobili e aristocratici nelle ville). Con l’arrivo dell'automobile chiunque ha potuto raggiungere i centri per il mantenimento della vita quotidiana (fare la spesa etc) e la campagna è diventata una vera e propria città spalmata. La "democratizzazione" dello spazio ha fatto poi il resto. La
“massa” infatti, si è impadronita lentamente del territorio e ognuno ha
costruito la sua villa o la sua attività. Il territorio che ne è uscito fuori è una distesa di
cemento senza soluzione di continuità e lì dove le cose non sono andate poi così male si è avuta comunque una sbavatura troppo rapida e informe dei naturali confini tra città e paesaggio circostante. Un dilagare senza regola che ha fatto
molto comodo al consumo e che in quel periodo (fondamentalmente negli anni '50, '60, '70), complice la ricchezza che apportava,
deve essere stato addirittura entusiasmante per chi lo metteva in pratica.