Studiare il paesaggio significa occuparsi di uomo e spazio.
Cos'altro c'è di più fondamentale da capire per l'uomo? Si potrebbe obiettare:
ma perché allora parlare di uomo e basta? Perché limitarci alla natura con la n
minuscola? Non sarebbe meglio parlare di foresta amazzonica, vette nevose e
oceani profondi come il buio, che in fin dei conti significherebbe anche
parlare, una buona volta e specialmente nell'epoca della globalizzazione, di
qualcosa che l'uomo non è e rimanda al destino trascendente di tutto
l'universo? E invece no, io voglio parlare del paesaggio semplicemente perché
io ho voglia di parlare dell'uomo e dei suoi cambiamenti. Goethe diceva che va
bene la Natura e le sue manifestazioni ma l'uomo è e sarà sempre, per l'uomo,
l'oggetto più magnifico e ricco di segreti. Più o meno così, questo è il succo.
Ho scelto quindi di parlare del paesaggio (visto da me e dalle mie cognizioni)
perché credo che ci sia molto da dire e di fondamentale per capire i tempi e i
cambiamenti. Parlare di paesaggio, da quello urbano a quello campestre,
significa entrare nell'anima dell'uomo e di come si rapporta con le cose che ha
attorno.
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